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DAL FIUME ALLA RETE


Economia

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Quella dell'impresa Legnanese, e quindi dell'Altomilanese, è una storia antica, che inizia ben prima di quel periodo che gli studiosi sono soliti indicare come 'rivoluzione industriale'. Evoluzione industriale di Legnano

Basti pensare che la prima attività manifatturiera registrata a Legnano risale al XII secolo, quanto nei due conventi di religiosi dell'ordine degli Umiliati fiorì la lavorazione collettiva della lana.

Fu però nella seconda metà del secolo scorso che i comuni della valle Olona vennero scelti per le loro particolari caratteristiche morfologiche come sede di numerosi stabilimenti tessili.

In quegli anni prese il via l'epopea che trasformò il borgo agricolo come Legnano nella 'piccola Manchester' d'Italia.

Un'epopea i cui protagonisti ebbero i nomi di Cantoni-Krumm, Franco Tosi, De Angeli-Frua, Fial, Manifattura di Legnano.

L'età d'oro dell'industria di Legnano durò dai primi del Novecento fino alla fine degli anni '60, poi pochi anni più tardi iniziò la crisi. Nel corso degli anni Ottanta l'intera area dell'Altomilanese è stata interessata pesanti processi di ristrutturazione che hanno limitato le tradizionali componenti economiche locali, quali l'industria termo-elettrica-meccanica, il tessile, la meccanica e la calzaturiera.

Si sono quindi verificati numerosi casi di chiusure aziendali, soprattutto nel tessile e nell'abbigliamento, con pesanti contraccolpi occupazionali.

Che il territorio fosse maturo per una svolta è stato chiaro a tutti già dagli inizi degli anni '80: quello che molti si aspettavano, era che alla deindustrializzazione seguisse lo sviluppo di settori alternativi.

Alla chiusura delle fabbriche che avevano contribuito a scrivere importanti capitoli della storia dell'Altomilanese non è però corrisposto lo sviluppo di nuovi settori, né manifatturieri né tantomeno di servizi.

Neppure la svolta verso il terziario ha avuto uno spessore tale da compensare la caduta del livello occupazionale, e l'intera area ha subito un processo di logoramento aggravato da forti condizionamenti ambientali e di congestione urbana che hanno limitato la potenzialità dei fattori di sviluppo.

Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 il processo di deindustrializzazione continuava a mietere le sue vittime, e l'industria perdeva progressivamente terreno registrando la chiusura o il pesante ridimensionamento di molte unità produttive: basti pensare alla ristrutturazione dello stabilimento Franco Tosi seguito al subentro di Ansaldo, alla chiusura della Termozeta, della Borletti, della Are, delle industrie tessili e dei calzaturifici del parabiaghese.

D'altro canto l'impressione registrata alla fine degli anni '80 è stata confermata dalle esperienze di comuni come Nerviano, che pur avendo deciso di scommettere sulla grande distribuzione non sono riusciti a compensare in modo apprezzabile il calo occupazionale.

Come diretta conseguenza di questa situazione, i piccoli imprenditori e i commercianti che in passato avevano contribuito in maniera determinante a tessere la rete dell'economia locale si sono trovati ancora una volta protagonisti di un panorama imprenditoriale che pur frammentato riesce comunque a 'tenere il mercato'.

La cultura dell'impresa, l'inventiva e la capacità di adeguarsi rapidamente alle esigenze dei clienti, è diventata la forza di quelle piccole imprese del territorio che agendo slegate dalle logiche dei grandi gruppi sono riuscite a conquistarsi una particolare nicchia di mercato.

Basti pensare al successo di un'esperienza come quella della Fratelli Rossetti, che ha riassunto l'esperienza e la professionalità dei maestri tomai di un intero comprensorio.

Ora un'opportunità di rilancio per l'intero territorio potrebbe arrivare dalle iniziative adottate per finanziare la reindustrializzazione dell'asse del Sempione: l'esperienza di Euroimpresa testimonia che la 'Legnano che produce' è ancora viva e vitale.

Ma il futuro è tutto da giocare.

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